Il potere dell'omeostasi

Secondo la definizione ufficiale di Wikipedia “L'omeostasi (dal greco omeo- e -stasi, "simile posizione" [1] ) è la tendenza naturale al raggiungimento di una relativa stabilità, sia delle proprietà chimico-fisiche interne sia comportamentali, che accomuna tutti gli organismi viventi, per i quali tale regime dinamico deve mantenersi nel tempo, anche al variare delle condizioni esterne, attraverso precisi meccanismi autoregolatori. Per estensione, il termine indica anche la capacità di alcuni sistemi elettromeccanici o informatici di mantenere i propri valori di funzionamento all'interno di un intervallo dinamico, attraverso processi di auto-regolazione.

Dunque? Dobbiamo considerarla una nostra forza oppure un nostro limite?

Personalmente, da pigro quale sono, per me è un vantaggio, adoro la zona di comfort, purché ovviamente non se ne faccia un dogma, una scusa, una gabbia.

E’ grazie a questo innato istinto naturale all’equilibrio se siamo capaci di adattarci alle situazioni più diverse, dalle privazioni fisiche, psichiche negative fino alle estreme conseguenze della sindrome di Stoccolma. Purtroppo, ovviamente, come ci si abitua e si sopravvive alle privazioni, ci si abitua anche alle emozioni positive. Un’auto nuova, una casa nuova, un lavoro nuovo, tutto può diventare monotono. Dunque? Siamo destinati all’infelicità?

Per come la vedo io, niente affatto, tuttaltro!

L’omeostasi non è altro che un nuovo punto di partenza, uno scalino, un punto d’appoggio per un punto di vista più alto.

La cosiddetta zona di comfort, per quanto mi riguarda, non è altro che una stanza di riposo all’interno della quale possiamo decidere di crogiolarci per un po’, prendere fiato per ripartire, qualunque sia il motivo per cui ci siamo finiti dentro. Se si tratta di un adattamento ad una situazione negativa, bene, se positiva, meglio ancora, ce la godremo finché possibile.

Da ex agonista quale sono, sono “abituato all’abitudine”, anzi la ricerco. Per deformazione professionale io cerco costantemente l’adattamento, in maniera quasi maniacale, come quando il mio mentore Valerio Fusco mi costringeva ad adattarmi alle soglie anaerobiche, al lattato, la tolleranza, tutto per consentirmi di sopportare nuovi carichi di lavoro, sempre più forti, per crescere atleticamente e mentalmente ed abituarmi alla fatica. 

Così oggi, ogni mattina cerco uno stimolo, come un rabdomante cerca l’acqua.

Tutto questo, banalmente parlando, mi consente di automatizzare un comportamento, renderlo mio, far sì che diventi parte di me, abitudine, mattone dopo mattone, per costruire ciò che sono.

Ogni evento, che sia positivo o negativo, dopo un primo “trauma”, diventa qualcosa che può far parte di noi, perché qualsiasi cosa, se non ci uccide, può e deve diventare un tassello, un piccolo mattoncino che contribuisca a costruire il nostro essere.

Come ho già detto più volte, non ultima nel mio articolo sulla felicità, l’importante è come reagiamo agli eventi che ci accadono. Diciamo così: la vita è portatrice di energia sotto forma di stimoli, noi siamo responsabili della conversione di questa energia attraverso il nostro sistema di decodificazione. In termini maccheronici e molto più “terra terra”, ciò che ci capita, gli eventi appunto, si trasformano in emozioni che la nostra amigdala ci trasmette sotto forma di dolore, piacere, paura o rabbia e che, da quel momento, diventano cibo per la neocorteccia. 

Sta a noi decidere cosa farne e come trasformarla. In fondo è come avere a che fare sempre con il nostro bimbo interiore, quello che sbatteva i piedi o che si eccitava per qualsiasi cosa: dobbiamo imparare a gestirlo, far sì che, grazie al più maturo genitore interno, si reagisca in maniera adeguata e lo si utilizzi nel modo migliore possibile.

Equilibrio dunque, omeostasi, compensazione tra azione e reazione, tra stimolo e risposta. La nostra vita è un costante imparare la gestione dell’emozione, capitalizzare il contrasto e attendere la tendenza all’equilibrio del nostro sistema, approfittare insomma dell’esperienza (positiva o negativa) per non lasciarsi né scoraggiare e né esaltare e trasformarla in un trampolino e non un intralcio su cui inciampare.

La vita è un brivido che vola via, è tutto un equilibrio sopra la follia (V. Rossi)

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