Ho imparato ad essere felice

Con il tempo ho imparato ad amare la mia vita, ci ho messo parecchi anni, più di trenta.
Oggi, come scritto nella mia presentazione, ne ho quasi 50 e non parlo da romantico o fanatico di qualche cultura zen, della quale confesso la mia ignoranza, piuttosto parlo del fatto che, molto spesso e per mia fortuna, da un po’ di tempo a questa parte mi fermo spesso a riflettere su quanto io sia fortunato.
In molti penseranno che forse, nel mio caso, sia facile perché ho una bella famiglia, una moglie meravigliosa e due splendidi figli, una madre presente, una sorella che mi ama, tante persone che mi vogliono bene, ho un lavoro, anzi più di uno, una bellissima casa, una bella auto, vestiti, scarpe, i soldi necessari per vivere in maniera tranquilla e godo di ottima salute.
Sì certo, ho avuto anche io momenti bui, difficili, drammatici, ma oggi posso affermare senza alcun dubbio che, senza quel che mi è accaduto, di buono e di cattivo, ora non sarei qui, non sarei quello che sono, non scriverei queste righe, non mi prenderei la briga e non avrei la presunzione di spiegare a qualcuno il mio modo di vedere.
Vorrei premettere due cose fondamentali: la prima è che ho un brutto carattere, sono lunatico e spesso e volentieri mi trovo ad essere di malumore senza alcun motivo; la seconda è che non sono affatto soddisfatto ed ogni giorno cerco di più.
Ciononostante, non farei a cambio con la vita di nessuno, sono felice di quello che sono, sono felice di chi sono stato, nonostante tutto.
Non sono affatto una persona allegra, dunque posso affermare con certezza che la felicità non vada confusa con l’allegria, anzi, secondo il mio modestissimo (forse inutile e non richiesto) parere, la felicità non è nemmeno uno stato momentaneo, bensì è permanente.
Essere felici è tutt’altra cosa dall'essere allegri, gioviali, scherzosi, sorridenti (che, ripeto, non mi appartengono affatto). Si può essere seri, pacati, taciturni e contemporaneamente essere tremendamente felici. 
Felicità e infelicità sono due sensazioni costanti dell’animo, sono approcci della vita. Qualcuno, in maniera più figa e alla moda le chiamerebbe mindset. Per me è semplicemente un modo di pensare, una lente, un filtro, un colore attraverso il quale vediamo la nostra vita.
La felicità è una scelta.
Sentimenti come la rabbia, la paura, il dolore, il piacere, sono molto più intensi, contrastanti, forti ma assolutamente transitori, fasi e sensazioni a cui si mira o da cui si cerca di allontanarsi. Provate a immaginare una persona costantemente arrabbiata o allegra, ma nel vero senso della parola… morirebbe dopo pochi giorni di crepacuore!
La felicità dunque si conquista, ma va anche allenata con costanza, va mantenuta, manutenuta, alimentata.
La felicità non dipende affatto da chi si è o con chi si vive, da cosa si ha o da cosa si fa nella vita, perché basterebbe essere ricchi e famosi per essere felici e sappiamo invece che spesso non è così.
Conosco decine di persone felici con poco ed allo stesso persone piene di rabbia e livore nonostante abbiano tutto ciò che si possa desiderare.
Qualcuno potrebbe dire che quella che chiamo felicità, infondo sia serenità, ma non è così, non per me. Si può essere contemporaneamente felici e non essere sereni affatto, posso vivere un momento difficile, triste, drammatico, non essere sereno ma rimanere felice.
Questo non significa sia facile, non lo è nemmeno per me, ma è possibile.
Ci ho messo anni, perché in ogni caso il carattere (che nel mio caso non è proprio semplice) rende le cose più facili (o più difficili). Gli eventi della vita, le persone di cui ti circondi, il tempo, il lavoro, il mignolo contro lo spigolo, insomma qualsiasi cosa contribuisce allo stato d’animo del momento, ma felicità e stato d'animo sono due cose diverse.
Eventi transitori possono influenzare ma non modificarne la sostanza, un po’ come le onde del mare che increspano la superficie, non intaccano il fondo.
Ogni santo giorno dobbiamo essere consapevoli che non possiamo cambiare quello che pensiamo ma possiamo scegliere come comportarci.
Insomma, fisiologicamente parlando, la felicità e l'infelicità sono della neocorteccia, come il piacere e la rabbia sono dell’amigdala.


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